Henry Labrouste tra la magia di Cori

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Henry Labrouste tra la magia di Cori

 

Autore
Samuel Quagliotto

posto-evento-latinamipiaceCittà
Cori

Oggi vi riportiamo tra i vicoli di Cori grazie ad un articolo di Samuel Quagliotto giovane architetto della nostra provincia e fondatore di Atelierquagliotto.com. Vi accompagnerà nuovamente tra il dolce suonare dei sampietrini al calpestio delle suole delle vostre scarpe. Sentirete la necessità di ritornare in questo borgo medievale vi rivelerà quanto la nostra fiabesca terra, in cui viviamo, sia stata fonte di stimolo e di ispirazione per gli artisti del passato.

 

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Prima di svelarvi questa scoperta vi presentiamo Henry Labrouste che è stato un importante architetto francese del 1800. Alcune delle sue opere che più lo rappresentano, che più rendono giustizia alle sue abilità di disegnare gli spazi, sono la Biblioteca di Sainte-Geneviève e la sala lettura Labrouste della Biblioteca Nazionale Richelieu e, entrambe a Parigi. Sono poesie costruite in cui è possibile respirare la magia che si cela nell’architettura.

L'immagine originale la potete trovare a questo indirizzo : http://www.thibaudpoirier.com/libraries

E c’era un tempo in cui gli artisti e gli architetti erano soliti fare il Grand Tour in Italia, per studiare la culla dove si è sviluppata l’arte nelle sue più diverse discipline. Dal passato siamo venuti a conoscenza di questo quadro di Henry Labrouste, Vue de Cori dans les environs de Rome, che raffigura il Tempio d’Ercole di Cori.

L'immagine originale la potete trovare a questo indirizzo : https://www.mutualart.com/Artwork/Vue-de-Cori-dans-les-environs-de-Rome/4E328273793B8197

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Ci piace immaginare Henry Labrouste, sotto il sole estivo, lasciarsi ammaliare dalla bellezza del Tempio di Ercole. Riposarsi sotto l’ombra di un ulivo prima di raggiungere le colonne del tempio e studiarne le proporzioni, investigare il gioco delle ombre al variare delle inclinazioni dei raggi del sole e mescolare i colori ad acquerello per cogliere l’onesta composizione cromatica del paesaggio.

Seduto sulle rocce della scarpata, con un fazzoletto bagnato per rinfrescarsi la testa dal troppo caldo mentre le due paesane con il cesto in testa, immortalate nel suo quadro, segnano quella vita quotidiana, quel lento salire e scendere caratteristico di Cori. Quel tempo scandito non dal lavoro frenetico, ma dalle azioni arcaiche che la vita dell’essere umano sapeva rivelare.

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Forse è questa la magia impregnata tra i vicoli della nostra Cori. Si respira ancora quel lento vivere. Quella sensazione di comunità. Quello scambio di parole tra i cittadini, dove l’architettura di Cori definisce le emozionanti quinte sceniche del teatro urbano, dove ogni giorno si svolge la vita nei suoi lavori più onesti. Quei lavori calmi che stanno mano mano svanendo.

Ci soffermiamo a riflettere che se questo importante architetto, che ha saputo sintetizzare attraverso una composizione armonica del suo lavoro, ha trovato decisivo sostare sotto il sole, immortale nella sua mente e sulla carta questa precisa vista del Tempio d’Ercole, in un tempo in cui non era la fugace foto scattata per Instagram a marcare l’interesse o la bellezza di un determinato posto ma l’attento e paziente ridisegno dal vero dei luoghi, se Henri Labrouste ha ritrovato parte della quintessenza dell’architettura racchiusa in questo nostra terra, nelle nostre architetture, allora dobbiamo essere riconoscenti di questo dono. In questo dono ereditato dal passato dovremmo essere sempre più consapevoli di possedere la ricchezza.

Una ricchezza non economica, ma quella ricchezza affascinante perché figlia di una sostanza ineffabile, quella ricchezza appartenente alla nostra comunità, di questi luoghi che effondono pulviscoli incantati. E allora continuiamo a coltivare gli ulivi, continuiamo a prenderci cura del nostro mare e delle nostre isole.

Continuiamo a bere vino tra le strade, con tavoli di legno temporaneamente allestiti che simboleggiano l’inno della condivisione. Guardiamo alla Circe che da sempre galleggia nel blu, alla leggenda che ve ne è dietro, o soffermiamoci sull’argine del lago di Ninfa, e continuiamo a costruire ed alimentare la bellezza della terra in cui siamo nati e cresciuti, o in cui più semplicemente abbiamo deciso di viverci.

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Vorremmo lasciarvi con queste parole quest’anno in cui LatinaMiPiace sta crescendo, cresce come una comunità e che ci piacerebbe continuasse a crescere, perché questa terra, lasciatecelo dire, è fantastica.

Prendiamocene cura, accudiamola, e lasciamoci inebriare dalla sua eleganza. Riscopriamola nella sua storia, riscopriamola nei suoi sapori, e collaboriamo, come comunità a renderla vitale. Una terra vitale, un luogo in cui anche noi possiamo lasciare un segno, e perché no, sognare che in futuro il nostro lavoro sarà lo stimolo per qualche giovane artista, proprio come per Labrouste, e saprà coglierne la poesia.